Pillole su neurodivergenze e autismo

da | 23/04/2025 | Divulgazione | 2 commenti

Il 2 aprile si è tenuta la Giornata della Consapevolezza sull’Autismo, una ricorrenza istituita dall’ONU nel 2007 con lo scopo di affermare e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per le persone autistiche. Per l’occasione, in tutto il mondo, sono stati organizzati eventi, convegni e mostre volte a sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica, in modo da migliorare la qualità della vita e contrastare la discriminazione e la mancanza di consapevolenza sulle neurodivergenze, nello specifico sull’autismo, spesso erroneamente definite patologie. Tuttavia, ritengo che non solo il 2 aprile, ma tutto l’anno si debba parlare di autismo, neurodivergenza e neurodiversità.

Con il termine neurodiversità, coniato dall’attivista autistica Judy Singer alla fine degli anni Novanta, ci si riferisce a un movimento sociale nato con lo scopo di “ridefinire caratteristiche classificate come sintomi di disturbi mentali e neurologici come forme valide della diversità umana”. Questo concetto, per quanto nato nella comunità autistica, comprende chiunque abbia un cervello, e può quindi riguardare persone neurodivergenti e non. Col termine neurodivergenza ci si riferisce invece a tutti i cervelli che divergono dalla norma, un concetto che, pertanto, racchiude una gran varietà di esperienze e comunità diverse, perché non esiste un cervello uguale a un altro. Alcune neurodivergenze possono essere acquisite, ad esempio in seguito a un trauma cranico, mentre altre sono innate e costituiscono “fattori intrinseci e pervasivi nella psiche, nella personalità, e nella modalità di interazione di una persona.” A quest’ultima categoria appartengono ad esempio le due neurodivergenze più conosciute, che spesso vengono associate ai simboli del golden retriever e del gatto.

Il golden retriever rappresenta l’ADHD, ovvero il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, una condizione del neurosviluppo caratterizzata da tre aree principali: la difficoltà nel mantenere la concentrazione, l’iperattività e l’impulsività, tratti che si basano in parte sullo sviluppo atipico dei cervelli ADHD e in parte sono amplificati dal contesto sociale, compreso il capitalismo.

Il gatto invece rappresenta l’autismo, una condizione innata del neurosviluppo che consiste in una “diversa organizzazione di alcune aree del sistema nervoso, con le differenze comportamentali, sensoriali, cognitive ed emotive che ne conseguono.” Questa condizione subisce ancora oggi una narrazione imprecisa, fondata su stereotipi molto distanti dalla realtà. 

Io sono una persona autistica, e in quanto tale desidero smontare alcuni luoghi comuni. Innanzitutto, noi persone autistiche non siamo portatrici né di deficit né di una patologia, ma interpretiamo le regole sociali non scritte e le relazioni  in un modo differente rispetto alla maggior parte delle altre persone. Dicono che non abbiamo empatia, ma la verità è che riusciamo a percepire le emozioni in modo piuttosto intenso, anche se a volte non ne capiamo il motivo. Dicono che facciamo i capricci, ma in realtà si tratta di meltdown, crisi generate da sovraccarichi sensoriali, emotivi e cognitivi, che portano a una saturazione del sistema nervoso.

Abbiamo le nostre difficoltà e i nostri punti di forza. C’è chi, per esempio, è molto goffə, e chi deve pensare più di tre volte prima di formulare bene le frasi, c’è chi fatica a pelare la frutta e chi ad aprire le bottiglie, c’è chi vuole che il cibo sia fatto in un certo modo e magari toglie sempre il grasso dal prosciutto e i bordi o non vuole che le mozzarelle e l’insalata entrino in contatto tra loro, c’è chi fatica a socializzare e tende a chiudersi in se stessə, e quando qualcosa non va c’è chi fa stimming (comportamenti ripetitivi utili a regolare le emozioni e le percezioni) camminando a lungo per la stanza, e chi, come me, sfiorando un foglio di carta per sentirne la consistenza tra le dita per rilassarsi. E poi, c’è chi ama esprimersi attraverso l’arte in tutte le sue forme o chi sogna di pianeti lontani, chi gioisce per aver percorso con successo la via francigena e chi per aver imparato a utilizzare i mezzi pubblici o fare i lavori domestici acquisendo una maggiore autonomia.

Noi persone autistiche, come potete vedere, siamo tutte diverse, ma abbiamo qualcosa che ci accomuna: la felicità che proviamo nel riconoscerci, e nel trovare persone che accettano le nostre stranezze, ci capiscono e ci fanno sentire a casa, dandoci la libertà di essere divers3, senza temere il giudizio altrui solo perché interpretiamo il mondo sociale e le relazioni attraverso modalità alternative. Il mio augurio è che queste parole possano essere un piccolo grande passo per ispirare le persone a conoscere e rispettare queste modalità, in modo che tutte le differenze possano finalmente convivere.

2 Commenti

  1. Mirella

    Bell’articolo molto esauriente. Illuminante questo passaggio “ma interpretiamo le regole sociali non scritte e le relazioni in un modo differente rispetto alla maggior parte delle altre persone”.

    Rispondi
  2. Anto

    Molto interessante! Direi…illuminante

    Rispondi

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *